Un nuovo modello di presa in carico dei pazienti, che passata l’infezione rischiano di subire danni cronici ai polmoni, ma anche a cuore, reni e cervello. Un modello utile non solo per i pazienti del Covid, ma per aiutare a smaltire milioni di visite e accertamenti saltati durante il lockdown.
L’idea, testata in Liguria e Toscana e ora sul tavolo del ministero della Salute, punta a istituire dei day hospital non solo terapeutici ma anche diagnostici, che grazie all’apporto multidisciplinare dei diversi specialisti medici consenta il seguire nel tempo i pazienti che sono passati per il Covid. Il tutto con esenzione dal ticket e seguendo la molto più snella lista di attesa intraospedaliera.
A mettere a punto per primi il modello sono stati i medici internisti della FADOI con il debutto avvenuto nella Asl 2 del savonese. Qui in particolare è stato studiato un regime di day hospital ogni tre-sei-dodici e 24 mesi: in ognuna di queste “tappe” ai pazienti post-Covid verranno rilevati i parametri vitali, come frequenza cardiaca e respiratoria, pressione arteriosa e livello di saturazione del sangue. Con la stessa frequenza il paziente sarà poi sottoposto ad elettrocardiogramma, a spirometria per controllare lo stato dei polmoni e ad analisi del sangue per verificare emocromo, funzionalità renale ed eventuali stati infiammatori con Pcr e Ves.
«L’esperienza maturata in questi mesi di emergenza avverte Dario Manfellotto, presidente nazionale FADOI ha rimesso in discussione la vecchia organizzazione ospedaliera basata su reparti separati, favorendo l’approccio multispecialistico.
Questo approccio si è rilevato efficace per una malattia sistemica come Covid-19, ma può esserlo altrettanto per fronteggiare quell’emergenza permanente che è la gestione delle policronicità».